BRASILE, ASSUNZIONE DI LAVORATORE ITALIANO IN QUALITA’ DI LAVORATORE LOCALE

 

I

 

In caso di licenziamento del lavoratore italiano residente in Brasile e assunto ex novo da società brasiliana, la giurisdizione è con ogni probabilità da attribuire al giudice Brasiliano tenendo mente a quanto segue.

 

 

 

 

 


 

 

 

Innanzitutto, in base all’art. 3 della legge 1995 n. 218, la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge.

 

IL DOCUMENTO È INCOMPLETO, A RICHIESTA SARÀ INVIATA UNA COPIA COMPLETA (artt.17 ss Cod.Deont.)

 

STUDIO

MISURACA & Associati/Associates

Studio Legale

Law Firm

www.smaf-legal.com

 

Il documento manca di molte parti, lo studio legale SMAF invia su gentile richiesta una completa copia a titolo di prestazione professionale a pagamento ex artt.17 ss. Cod. Deont. Forense / The document has missing parts; please, consider SMAF law firm allowed to send a you a payable copy according to Italian Forensic Deontology Code.

 

 

20123 MILANO (MI), Italia

Via Monti, 8

tel.:   +(39) 02 006 15 017  

fax:   +(39) 02 700 50 81 00

e-mail: info@smaf-legal.com

 

00198 ROMA (RM), Italia

Via Savoia, 78

tel.:  +39 06 92 938 008

cell.: +39 06 8928 10 51

e-mail: info@smaf-legal.com

 

40123 BOLOGNA (BO), Italia

Via Urbana 5/3

tel.:    +(39) 051 64 40 543

fax.:   +(39) 051 09 52 565

2°fax: +(39) 051 33 70 177

e-mail: misuraca@smaf-legal.com

 

 

 

 

Perciò una eventuale causa promossa per licenziamento contro il datore estero dovrebbe essere innestata presso il suo domicilio o sede nazionale (Brasile). E il difetto di giurisdizione del giudice italiano potrebbe essere eccepito in ogni stato e grado del giudizio.  

Inoltre, nel caso di cittadino che lavora in diversi stati, per datore italiano, la soluzione è del pari favorevole al cambio di giurisdizione, si segue il seguente criterio per l’applicazione delle norme relative alla semplice esecuzione del rapporto:

 

- L'art. 5  n. 1  Convenzione  del 27  settembre  1968,  concernente la competenza giurisdizionale  e l'esecuzione delle decisioni in materia civile  e commerciale, va interpretato nel senso che, nell'ipotesi di un  contratto di  lavoro  per  l'esecuzione del  quale  il lavoratore dipendente   esercita le  proprie  attivita'  in piu'  di  uno  Stato contraente,  il luogo  in  cui  il lavoratore  svolge abitualmente la propria  attivita',  ai sensi  della detta disposizione, e' quello in cui  egli  ha stabilito  il  centro effettivo delle proprie attivita' professionali.  Per determinare  concretamente tale luogo va preso in considerazione  il fatto che il lavoratore trascorre la maggior parte del  proprio tempo lavorativo in uno Stato contraente, in cui dispone di un  ufficio a partire dal quale organizza le proprie attivita' per conto  del  datore di  lavoro  e  nel quale  fa  ritorno dopo ciascun viaggio di lavoro all'estero (Corte giustizia CE, 9 gennaio 1997, n. 383).

 

Nel caso di cittadino italiano impiegato da datore estero, per le medesime questioni, si segue il seguente criterio:

In  base  all'art. 5  n. 1,  della convenzione  di  Bruxelles  del 27 settembre 1968 (recepita nell'ordinamento italiano dalla l. 21 giugno 1971  n. 804)  il  giudice nazionale  competente  a  conoscere di  un rapporto di lavoro corrente tra cittadino italiano e datore di lavoro estero  deve   essere  individuato   nel  giudice  del  luogo  in cui l'obbligazione  dedotta in  giudizio e' stata o deve essere eseguita. In     particolare,    ai fini    dell'individuazione    del    luogo dell'adempimento,  deve aversi  riguardo  all'obbligazione principale che caratterizza il contratto, il che nel rapporto di lavoro coincide con il luogo di svolgimento della prestazione. (Cassazione civile sez. un., 17 maggio 1995, n. 5392).

 

II

 

D’altro lato, venendo all’esame della questione della legge applicabile al caso concreto del licenziamento del cittadino italiano residente all’estero e impiegato da datore straniero (p.e. brasiliano), si consideri quanto segue.

 

La legge italiana sul licenziamento, del 1966 n. 604, è un limite di ordine pubblico all’applicazione della legge straniera, che inibisce l’applicazione della legge brasiliana, in quanto meno favorevole,  ma tale limite non opera in ogni caso.

Non dovrebbe operare, in particolare,  tra parti di cui una sia straniera, se il rapporto non è sorto in Italia, se il rapporto non è eseguito in Italia e se la giurisdizione applicabile non è quella italiana (ex art. 17 della legge 1995 n. 218).

Questa conclusione si può argomentare dalla seguente giurisprudenza:

 

In  tema di  individuazione  della  legge regolatrice dei rapporti di lavoro sorti  in  Italia,  fra soggetti  di cittadinanza italiana, ed eseguiti   all'estero  - disciplinata  dall'art. 25,  comma 1,  delle disposizioni sulla   legge   in   generale che   attribuisce  rilievo prevalente alla volonta' delle parti stipulanti di scegliere la legge ritenuta  piu'  idonea per  il  regolamento  dei rispettivi  rapporti contrattuali - il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro   -   che nell'ordinamento   giuridico  italiano  ha carattere fondamentale  - costituisce, ai sensi dell'art. 31 delle disposizioni sulla  legge in generale, un limite di ordine pubblico internazionale all'introduzione nel  nostro ordinamento, anche se richiamata in base all'art. 25  sopra citato, di una disposizione di legge straniera che contenga una  disciplina  del  rapporto di lavoro dedotto in giudizio meno favorevole  al lavoratore rispetto a quella prevista dalla legge italiana.  Ne consegue che una legge straniera (nella specie, libica) che  consenta l'incondizionata  stipulazione di contratti di lavoro a termine,   cosi'   riservando al   lavoratore   un   trattamento meno favorevole rispetto a quello assicuratogli dalla l. 18 aprile 1962 n. 230, non potrebbe avere effetto, ne' trovare giudiziale applicazione, in Italia,  restando irrilevante, in contrario, la circostanza che il contratto  di lavoro debba avere (o abbia avuto) integrale esecuzione nello  Stato straniero  nel  quale vige la suddetta legge. (Principio enunciato   con  riferimento  alla   situazione  normativa precedente l'entrata  in  vigore della  l. 31  maggio 1995  n. 218,  in tema  di riforma  del sistema italiano di diritto internazionale privato, che, all'art. 73, ha  disposto  l'abrogazione,  fra l'altro,  delle  norme citate in massima). (Cassazione civile sez. lav., 27 marzo 1996, n. 2756).

 

Perciò, a contrario, la giurisprudenza italiana fa ritenere inapplicabile il limite di ordine pubblico della normativa italiana sul licenziamento (limite all’adozione della legge brasiliana sui licenziamenti), nel caso del lavoratore italiano:

1)      che presti la sua attività per conto di datore brasiliano,

2)       quando il rapporto è sorto ex novo in Brasile e

3)       quando la stessa giurisprudenza italiana in simili casi determina la giurisdizione Brasiliana (vedi sopra), in quanto la “lex fori” brasiliana dovrebbe inibire ulteriormente i limiti di ordine pubblico internazionale dell’Italia, applicando in loro luogo i propri.

 

Sotto questo ultimo riguardo, e nello stesso modo, ove la legge italiana sul licenziamento consista in un gruppo di “norme ad applicazione necessaria”, la lex fori brasiliana dovrebbe impedire la forza attrattiva della normativa italiana.