COMPARAZIONE DELLE DUE HOLDING LUSSEMBURGHESI
SO.PA.FI. E HOLDING DEL 1929
1.
HOLDING DEL 1929
La legge sulle holding del 1929 consente a tali strutture
legali di godere di un regime fiscale estremamente favorevole: esenzione fiscale sui dividendi derivanti
da partecipazioni o investimenti di portafoglio, sulle royalty, sulle
plusvalenze e sugli interessi derivanti da obbligazioni, depositi bancari e su
finanziamenti effettuati a favore delle società controllate. Inoltre - elemento
da non sottovalutare - sui pagamenti
effettuati dalla holding sotto forma di interessi e di dividendi non viene effettuata alcuna ritenuta.
Occorre
però tener presente che le holding lussemburghesi non possono beneficiare dei trattati contro le doppie imposizioni che il Granducato ha concluso con gli altri
Stati. I trattati, infatti, escludono esplicitamente la possibilità per le
holding di beneficiare dei trattati con la conseguenza che dividendi, interessi
e royalty corrisposti alla holding in Lussemburgo sono soggetti alle normali ritenute nel Paese di origine del reddito.
Ma quello che senza dubbio rappresenta il vero limite di
una "holding del 29" è rappresentato dal fatto che essa non può
usufruire delle Direttive Comunitarie, in primis della 435/90 o "madre
figlia".
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Altre limitazioni sono inoltre previste relativamente alla
possibilità di finanziarsi sul mercato; i finanziamenti ottenuti, escluse le obbligazioni,
non potranno infatti eccedere tre volte il capitale sottoscritto (versato o
meno). Nella realtà, tuttavia, essendo richiesto per la costituzione della
società un versamento limitato al 25% del capitale effettivamente sottoscritto
il rapporto tra investimento e prestito potrà arrivare, rispetto al capitale
effettivamente versato, fino ad 1/12. Una "holding" per finanziarsi
potrà inoltre emettere obbligazioni, anche se solo per un ammontare non
eccedente dieci volte il capitale effettivamente versato, il che permette di
ottenere finanziamenti in rapporto di 1/40 rispetto al capitale effettivamente
versato.
Peraltro, una opportunità per un utilizzo diretto di questa
"holding" per gestire una società operativa ancora esiste: le Convenzioni con
Potrà anche trovare ancora una efficace utilizzazione sia
come "cassaforte" nella quale far definitivamente confluire gli utili
prodotti dalle società operative, che quale "veicolo" mediante il
quale fornire i necessari mezzi finanziari alle società del gruppo (grazie
all'effetto di leva finanziaria 1/12 o 1/40 di cui sopra).
Bisogna comunque
tener presente che in questo caso per poter usufruire delle Convenzioni
sottoscritte dal Lussemburgo, e quindi in alcuni casi veder assoggettati gli
interessi ricevuti ad una minor ritenuta alla fonte nel Paese di residenza
della società debitrice, potrà essere necessario usufruire dell'intermediazione di un istituto di credito.
Per il resto, è bene sottolineare come le attività che una
"holding del 29" può effettivamente svolgere non sono particolarmente
numerose essendo limitate all'acquisto e alla gestione di partecipazioni in
società nazionali ed estere, alla concessione di prestiti di medio e lungo
termine in società nelle quali questa abbia una partecipazione diretta, a
fornire garanzie a società finanziarie o banche alle quali le società
appartenenti al proprio gruppo si siano rivolte per ottenere un finanziamento,
a gestire brevetti o marchi anche se con alcune limitazioni e facendo comunque
in modo che questa non rappresenti l'attività tipica della società.
Infatti, è bene ripetere che la legge del 1929 detta
precise disposizioni cui una holding deve attenersi.
Essa può soltanto:
- acquistare, detenere e cedere azioni di società estere o
lussemburghesi;
- detenere conti bancari in qualsiasi valuta;
- concedere finanziamenti a società controllate o a società
in cui si ha una partecipazione diretta che sia almeno del 25% del capitale;
- detenere brevetti e accordare licenze;
- ottenere finanziamenti ma per un ammontare non superiore
a tre volte il capitale sottoscritto.
D'altra parte alla holding non è consentito:
- detenere
partecipazioni in società di persone;
- svolgere
attività di carattere commerciale o industriale;
- essere
proprietaria di beni immobili ad eccezione di quelli utilizzati per i propri
uffici anche se può detenere azioni in società immobiliari;
- concedere
finanziamenti a società che non siano sue controllate;
- svolgere
attività bancarie o di mediazione.
Come abbiamo già detto, la holding non è assoggettata ad
imposte sul reddito o a ritenute alla fonte sui pagamenti di dividendi ed
interessi. Le uniche tasse cui essa viene assoggettata sono una tassa dell'1%
sui conferimenti di capitale al momento della costituzione (droit
d'apport) e una "tassa di abbonamento" (taxe d'abonnement) annuale dello
0,2% sul capitale, il cui ammontare minimo deve essere comunque di 2.000
franchi lussemburghesi.
Residuale importanza, infine, presenta, la holding 1929 con
un capitale di almeno 1.000.000.000 di franchi lussemburghesi, la quale può
ottenere ulteriori vantaggi fiscali in qualità di "holding milliardaire" in base ad un decreto del 1938. Infatti,
oltre a beneficiare del trattamento riservato alle "standard" holding
essa è esonerata dalla tassa d'abbonamento annuale: quest'ultima viene peraltro
sostituita da un'altra imposta calcolata sui dividendi distribuiti e sugli
interessi su obbligazioni o titoli similari le cui aliquote variano dal 3% allo
0,1% per un importo minimo annuale di 2.000.000 di franchi lussemburghesi.
D'altra parte, una holding 1929, costituita sotto forma di
"venture capital holding", può, attraverso operazioni di
finanziamento, ottenere interessi in esenzione di imposta; una "ordinary
holding company" può invece semplicemente detenere le azioni di un gruppo
di società allo scopo di centralizzarne l'amministrazione e il controllo; una
"patent holding company" potrà detenere
brevetti e concedere licenze alle proprie controllate ottenendo royalty che in
Lussemburgo non saranno soggette ad imposizione.
2.
SO.PA.FI.
Le "Societé de Participations Financieres"
(So.Pa.Fi.) si contraddistinguono rispetto alle tradizionali holding del '29 per il fatto che sono delle normali società commerciali e come
tali possono usufruire dei trattati
contro le doppie imposizioni, pur essendo soggette ad una ritenuta alla fonte del 15% sulla distribuzione di dividendi. Ma
ciò che è più rilevante è il fatto che a partire dal 1 gennaio 1992, la
ritenuta sulla distribuzione di dividendi a favore di società residenti
nell'ambito della C.E.E. è diventata dello 0% (la c.d. direttiva madre-figlia).
Pertanto, pur presentandosi come una qualunque società
commerciale e quindi assoggettata a normale imposizione, tuttavia, in virtù di
uno specifico regime di "partecipation exemption", i dividendi e i capital gain derivanti
dalla gestione di partecipazioni che rispondano a determinate caratteristiche
saranno completamente esenti da imposizione in capo alla SO.PA.FI. intesa come
casa madre lussemburghese. Un regime fiscale questo sostanzialmente diverso da
quello di completa esenzione fiscale delle "holding del 29" ma senza
dubbio più vicino all'esigenza di usufruire delle Convenzioni contro le doppie
imposizioni e delle Direttive comunitarie (in particolare della 435/90 o
"madre figlia") piuttosto che alla possibilità di ottenere un regime
di completa esenzione fiscale su tutti i redditi percepiti
Per effetto del loro "status" di società
commerciali , le So.Pa.Fi. saranno soggette ad un
prelievo fiscale con un'aliquota
d'imposta pari al 33%; ed è doveroso rammentare anche che annualmente sarà
dovuta una tassa impot sur la fortune - pari allo 0,5% del
patrimonio della società a cui si
aggiunge un'imposta commerciale comunale. Per quanto riguarda le ritenute
alla fonte sulla distribuzione di dividendi, attualmente la ritenuta sulla
distribuzione di dividendi è pari al 15%.
D'altro canto, la citata "esenzione di
partecipazione" riguarda i dividendi
percepiti dalla So.Pa.Fi. nel suo ruolo di
holding e al ricorrere di determinate condizioni:
-
- la
partecipazione nella controllata deve risalire ad almeno 12 mesi;
- la
controllata dovrà, nel Paese in cui è residente, essere soggetta a normale
tassazione, la cui aliquota d'imposta dovrà essere almeno del 15%.
Non meno importanti sono poi le disposizioni
relative alla tassazione delle plusvalenze derivanti dalla vendita delle proprie
partecipazioni. La presente holding è esente se:
- la
partecipazione nella controllata è di almeno il 25% del capitale,
- il prezzo
di acquisto sia stato non inferiore a 250 milioni di franchi lussemburghesi
- se le
azioni sono detenute da almeno 12 mesi e
- se la
controllata è assoggettata a sufficiente tassazione nel Paese di residenza
(almeno il 15%).
E' tuttavia possibile che i singoli trattati possano
modificare, anche in parte, tali condizioni.
Incidentalmente va anche notato che, relativamente al
regime di "partecipation exemption",
la legge finanziaria per il 1996 (approvata il 28 dicembre 1995) ha esteso la
possibilità di usufruire di questa normativa (sulla presente holding) anche a
società di capitali straniere, purché residenti in Paesi aderenti all’Unione
Europea o che abbiano sottoscritto una Convenzione contro le doppie imposizioni
con il Lussemburgo e che dispongano di una propria stabile organizzazione in questo Paese. Un bel vantaggio anche per le
imprese italiane che senza dover dare vita ad una propria controllata in
Lussemburgo, ma disponendo solo di una stabile organizzazione in detto Paese,
potranno usufruire della normativa sulla "partecipation
exemption".
Dall’insieme di queste limitazioni appare, pur tuttavia,
chiaro come, nella pratica, una "SOPARFI" non possa usufruire della
"partecipation exemption"
per partecipazioni detenute in società residenti p.e. in Irlanda - qualora esse
siano assoggettate al particolare regime impositivo che prevede l’aliquota
d’imposta del 10% - o p.e. nei centri "offshore" di Madeira e delle
Canarie.
Al regime di "partecipation exemption" si aggiunge, infine, la possibilità di
negoziare dei "tax ruling"
ad hoc (accordi sul livello di
tassazione applicato nel caso di specie) con le locali autorità fiscali. Ruling che, non essendo il Lussemburgo un semplice
"paradiso fiscale", dovranno essere motivati da precise ragioni
imprenditoriali e non dal semplice desiderio di limitare l’onere fiscale su di
una operazione manifestamente elusiva.